martedì 5 maggio 2009

Microcredito e microteste...

Scrivo questo articolo con un pò di amarezza e in tono piuttosto polemico. Da mesi ormai sto cercando di elaborare nella mia testolina un'immagine dei politici che conosco e più ne conosco più il risultato è negativo.
Mi è capitato di parlare di microcredito come strumento di inclusione sociale con un politico che si occupa ormai da anni di politiche sociali. Il risultato è stato piuttosto deludente: ho capito che questa gente è brava a chiacchierare e pessima nel concretizzare azioni che abbiano effetti positivi sulla quotidianità dei soggetti svantaggiati.
Io sostenevo che dei prestiti per aprire piccole imprese potessero rappresentare la risposta a una condizione di svantaggio e potessero restituire un'esistenza dignitosa a tante persone che versano nelle peggiori difficoltà economiche.
Mi rendo conto che la mia natura di Toro materialista mi influenza molto, ma io penso che per integrare nella società attuale i soggetti svantaggiati si debba puntare principalmente sulla loro inclusione nel mondo del lavoro. Infatti, finché le persone avranno la preoccupazione del pane non avranno tempo per pensare e riflettere sulla loro condizione, per dar voce alle loro idee e per costituire gruppi che abbiano un peso anche politico. Non potranno far studiare i loro figli, farli viaggiare e non si troveranno soggetti in grado elaborare proposte che abbiano un peso e una validità tale da esser vagliati da chi governa e da essere attuati. Vivere nell'indigenza significa anche avere tempo limitato per pensare: non a caso i più grandi filosofi erano e sono benestanti economicamente.
Secondo me, un politico che miri all'inclusione sociale di giovani, immigrati, soggetti svantaggiati dovrebbe prima di tutto occuparsi di creare posti di lavoro, anche attraverso la concessione di microprestiti che valorizzino l'iniziativa del singolo perché chiunque per dare il meglio di sé, per esser propositivo e innovativo non deve avere ogni momento la preoccupazione di sbarcare il lunario. Il riscontro economico fa parte della gratificazione del lavoro stesso, è una faccia della medaglia che esiste e che ha un grande peso perché tocca la dignità umana nella vita di tutti i giorni.
Mentre facevo questi discorsi, mi si rispondeva che i microprestiti non servono a nulla se sono semplicemente concessi per far arrivare a fine mese gente svantaggiata e che dovrebbero essere inseriti in un'ottica globale di cambiamento del sistema capitalistico generale.
Io ho due obiezioni da fare, anzi tre:
1.I microprestiti partono da una rivalutazione del sistema capitalistico in generale e quello di Yunus è microcapitalismo. La forza delle sue teorie sta nell'aver messo in luce degli aspetti positivi del capitalismo e di aver sostituito alla massimalizzazione del profitto una finalità di tipo sociale delle imprese stesse. Quindi, mi chiedo e mi domando se il politico in questione sapesse esattamente di cosa io stessi parlando.
2.Perché non dovrebbe essere utile permettere alla gente di avere un'esistenza dignitosa attraverso la concessione di prestiti? Perché non è abbastanza nobile lo scopo di far sbarcare il lunario a chi fino ad ora non ci riesce? Concretamente, se anche la vita di un solo uomo migliora, vale la pena tentare. Non ci fermiamo a riflettere troppo senza agire, proviamo a concedere prestiti, a studiare la situazione e il territorio su cui viviamo, a esplorarne le potenzialità e a capire se il microcredito può funzionare. Cambiare il sistema generale va bene, posso esser d'accordo, ma intanto la gente povera soffre e muore di fame. Servono soluzioni efficaci e immediate.
3.Le riflessioni sui grandi sistemi lasciamole fare ai filosofi: è indispensabile che i politici ne prendano spunto, ma è altrettanto doveroso da parte loro cercare un contatto con la realtà e agire concretamente nella vita di tutti i giorni delle persone che li votano e che danno loro fiducia. Secondo me, se i politici provassero a mettersi nei panni di chi non riesce ad arrivare a fine mese, se solo avessero un pò di amore vero per il prossimo e per il loro lavoro e non fossero solo egocentrici, il mondo migliorerebbe. Per far questo, da bravo Toro quale sono, propongo una decrescita globale (usando le parole del politico con cui parlavo), ma unicamente del loro stipendio. La loro è l'eccezione in cui uno stipendio minore favorirebbe un modo di fare politica più decente: con una remunerazione medio-bassa, farebbero politica solo le persone che credono veramente nelle idee che propongono e il mondo migliorerebbe.
Vorrei tanto che i politici capissero che è ora di cambiare tattica, che ci siamo stufati di udire inutili fiumi di belle parole o che per lo meno fossero così geniali da elaborare un sistema di prese per i fondelli più sofisticato e meno palese.