Nuovo evento traumatico sul fronte africano. Ieri, mentre stavo in classe, una bambina si e' sentita male. Avra' avuto 2 anni, respirava male e a un certo punto ha perso i sensi.
Io e gli altri la abbiamo allungata su un banco, io le tenevo la testa, controllavamo il polso e mi sono accorta che aveva i polmoni pieni di catarro. Era piccola piccola, aveva due occhi grandi grandi e curiosi di scoprire il mondo.
La bambina stava male male e nessun medico arrivava, perche' qui non ci sono ne' medici ne' ospedali che non siano anticamere della morte.
A un certo punto e' arrivata la zia della bambina che con un medicamento verde e una violenza che poche volte mi era capitato di vedere prima le ha messo una specie di supposta e l'ha portata via correndo. La piccola, con il poco fiato che aveva, strillava dalla paura e dal dolore.
Ho provato un senso di profonda impotenza: impotenza davanti alla malattia della bambina (che forse avrei percepito anche in Italia) e impotenza davanti alla mancanza di strutture sanitarie e davanti alla violazione del diritto alla salute e alla vita.
Mi chiedo che cosa significhi tolleranza a questo punto. Qual'e' il sottile confine fra la differenza culturale, le cose che dobbiamo accettare perche' appartenenti a un'altra cultura e la necessita' di agire perche' siamo uomini e certi diritti appartengono a tutti?
Non ne posso piu' di sentire che qui e' normale che sia cosi'. Che cos'e' la normalita'? Non sono forse uomini come noi? Una mamma a cui muore un bambino qui soffre di meno di una italiana? Soffrono o stanno bene in questa realta'? Perche' da noi abbiamo rispetto per il dolore e la morte e qui ci sembra cosi' scontato che sia cosi'? Ha senso la cooperazione?
La scena della bambina non la scordero' piu' per tutta la vita.