mercoledì 19 agosto 2009

Aspettando un medico che non e' mai arrivato.

Nuovo evento traumatico sul fronte africano. Ieri, mentre stavo in classe, una bambina si e' sentita male. Avra' avuto 2 anni, respirava male e a un certo punto ha perso i sensi.
Io e gli altri la abbiamo allungata su un banco, io le tenevo la testa, controllavamo il polso e mi sono accorta che aveva i polmoni pieni di catarro. Era piccola piccola, aveva due occhi grandi grandi e curiosi di scoprire il mondo.
La bambina stava male male e nessun medico arrivava, perche' qui non ci sono ne' medici ne' ospedali che non siano anticamere della morte.
A un certo punto e' arrivata la zia della bambina che con un medicamento verde e una violenza che poche volte mi era capitato di vedere prima le ha messo una specie di supposta e l'ha portata via correndo. La piccola, con il poco fiato che aveva, strillava dalla paura e dal dolore.
Ho provato un senso di profonda impotenza: impotenza davanti alla malattia della bambina (che forse avrei percepito anche in Italia) e impotenza davanti alla mancanza di strutture sanitarie e davanti alla violazione del diritto alla salute e alla vita.
Mi chiedo che cosa significhi tolleranza a questo punto. Qual'e' il sottile confine fra la differenza culturale, le cose che dobbiamo accettare perche' appartenenti a un'altra cultura e la necessita' di agire perche' siamo uomini e certi diritti appartengono a tutti?
Non ne posso piu' di sentire che qui e' normale che sia cosi'. Che cos'e' la normalita'? Non sono forse uomini come noi? Una mamma a cui muore un bambino qui soffre di meno di una italiana? Soffrono o stanno bene in questa realta'? Perche' da noi abbiamo rispetto per il dolore e la morte e qui ci sembra cosi' scontato che sia cosi'? Ha senso la cooperazione?
La scena della bambina non la scordero' piu' per tutta la vita.